Massimo Martinelli e Novella Castori al Buongiorno
Come consuetudine, in occasione dell'avvio del nuovo anno formativo 2016/17, il Direttore del Cnos di Forlì, Sergio Barberio, ha promosso una serie di incontri con esponenti della società civile e con rappresentanti delle istituzioni per confermare e rinsaldare lo stretto legame dell'Ente salesiano con la realtà che lo accoglie.
Fra gli incontri svoltisi segnaliamo quello con i responsabili dell'Organismo Intermedio della Provincia di Forlì-Cesena, il dirigente Massimo Martinelli e la funzionaria Novella Castori, che hanno salutato gli allievi e i docenti il 23 settembre scorso sottolineando l'importanza dei valori etici e morali nella formazione delle persone e ricordando come i Salesiani, fedeli all'insegnamento di Don Bosco, si siano sempre distinti in questa gravosa missione.
Una sfida ardua per l'intero sistema scolastico e formativo, in particolare per chi deve confrontarsi con ragazzi alle prese con uno dei periodi più delicati e critici della vita: l'adolescenza, “l'età delle crisi, dei furori, quella in cui si è ancora goffi e maldestri, impicciati nelle inezie della puerizia, ma già s'inizia a scalare le mura del paese degli adulti”, per usare le parole tratte dal romanzo dello stesso Martinelli “Gli artigli dell'aquila”, edito da Il Ponte Vecchio di Cesena.
I protagonisti di questo libro sono ragazzi della stessa età di quelli che frequentano i nostri corsi, molto più simili a loro di quanto si possa pensare, nonostante abitassero nella Forlì del 1840, un'epoca antecedente alla famosa Legge Casati, quando la formazione professionale si chiamava più prosaicamente Arti e Mestieri.
Anche i ragazzi di oggi, come quelli di allora, sono impegnati su molteplici fronti: le avventure con gli amici, gli scontri con i rivali, i primi amori, le delusioni, la tentazione d'imboccare scorciatoie, il rapporto complicato e contraddittorio con gli adulti, l'anelito dell'emancipazione. Temi che emergono nel romanzo e che possono costituire altrettanti spunti di riflessione sulla condizione giovanile.
Può sembrare paradossale, ma dopo un tuffo in quel passato, appena si riemerge, ci si sente assaliti da una strana inquietudine, dalla sensazione che, ancorchè i protagonisti de Gli artigli dell'aquila vivessero in una società più povera e violenta della nostra, dove principi come quelli dell'uguaglianza e della non discriminazione, del rispetto delle libertà fondamentali e della dignità delle persone dovevano ancora affermarsi, dove moltissimi bambini erano ancora destinati ad essere sfruttati ed emarginati, vi fosse allora un più diffuso ottimismo, una maggiore fiducia nel futuro.
Oggi l'orizzonte sembra avvolto in una nebbia cupa, in mezzo alla quale la speranza fluttua come un'ombra continuamente sul punto di dileguarsi. L'incertezza del domani, l'appannamento delle prospettive e il senso di precarietà che pervade ogni ambito mettono a dura prova soprattutto le giovani generazioni, vanificano gli sforzi, frustrano le aspettative, offuscano la promessa di un mondo migliore.
Forse si tratta soltanto di una semplice impressione negativa, di un temporaneo cedimento al pessimismo, di un'alterazione sensoriale priva di fondamento oggettivo, comunque consegna un'enorme responsabilità a chi si è assunto la difficile impresa di formare le persone, di addestrarle al lavoro per inserirle nella società non come semplici ingranaggi della produzione, bensì quali cittadini consapevoli dei propri doveri verso gli altri e la comunità.